Presidente e Responsabile Diplomatico
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| Avevo deciso di non occuparmi più della politica italiana. Ma l’Italia è il Paese in cui sono nato e non posso continuare a vergognarmi di essere italiano. Quindi, delle due l’una: o rinuncio alla cittadinanza o affronto le cause della vergogna. Dopo un secolo e mezzo dall’unità d’Italia ed oltre sessant’anni dalla nascita della Repubblica, gli italiani sono ancora divisi fra settentrionali e meridionali, la democrazia si esercita con la nomina dei parlamentari dai capi‐partito, un quinto dei lavoratori, (più di un terzo fra i giovani) è disoccupato, sottoccupato o in cassa integrazione, la dignità sociale e l’uguaglianza sono riconosciuti secondo la ricchezza, politica e religione si condizionano reciprocamente, il livello culturale medio è mediocre, risorse destinate alla ricerca sono trasferite a coprire multe di quote latte, l’inquinamento ha superato i limiti di respirabilità, opere storiche ed artistiche stanno cadendo, il diritto è diventato una massa confusa di leggi che si contraddicono fra di esse ed in gran parte sconosciute quasi da tutti, gli stranieri più bisognosi sono considerati criminali, siamo sempre in guerra e si brucia impunemente il tricolore. Intanto, quasi cinque milioni di errori giudiziari in poco più di cinquant’anni, suicidi nelle carceri, i telefoni sono stati illegalmente intercettati, si paga per entrare in alcune città, si vietano senza ragione manifestazioni pubbliche, per non mettere a repentaglio la propria sicurezza e quella dei famigliari bisogna far parte di associazioni segrete, la diffusione delle idee è limitata dai mezzi di comunicazione di sistema, i processi civili, penali ed amministrativi durano decenni, si condanna su presunzioni di presunzioni, le carceri sono invivibili, la corruzione è gigantesca e generalizzata, conta più il matrimonio che la famiglia, si strappano i figli ai genitori e si affidano per far guadagnare gli intermediari, la protezione della maternità e dell’infanzia dipende dalle conoscenze e dai soldi, la salute è strumento dell’industria farmaceutica, si impone per legge di continuare a vivere quando si vorrebbe morire, l’arte e la scienza sono strumentali al profitto. Ed ancora, si viola il dettato costituzionale che vieta contributi alle scuole private, le università servono a chi può permetterselo, i rapporti economici sono fondati sullo sfruttamento del lavoro degli altri, le donne continuano ad essere emarginate e spesso trattate come merci, milioni di inabili e di disabili sono lasciati senza aiuto, si limita il diritto di sciopero, l’iniziativa privata è subordinata alla burocrazia, la cooperazione è in gran parte gestita come un’impresa privata, si chiede la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese soltanto quando le aziende sono in perdita, le banche ingannano i risparmiatori, è diffuso il voto di scambio (da 20 a 50 euro) ed i partiti politici hanno egemonia sull’intera società, chi ha incarichi pubblici ne approfitta in modo indegno e se può fa cambiare le leggi a suo favore, le tasse sono pagate solo dai lavoratori e da chi deve dichiarare un reddito per farsi prestare soldi mentre si pretendono imposte da chi non ha utili. Inoltre, organizzazioni criminali in combutta con parti autorevoli delle istituzioni, ipocrisia ed omertà dilaganti, lobby più o meno occulte in apparente conflitto ma tutte unite nel loro comune interesse di sostenere ad ogni costo il potere e far soldi: Osoppo, Post‐Osoppo, Gladio, logge P, Mens, Record, Iccia ed altre. Quest’Italia fondata con il sangue di chi l’ ha voluta, subita e difesa è oggi in mano a mezzo milione di persone che usano la disinformazione, l’ignoranza, l’egoismo, l’indifferenza e la rassegnazione delle masse per fare quello che vogliono. Altro che atomizzazione delle masse, questa è consunzione delle coscienze, è totalitarismo sociale, civile, politico, economico, morale e forse anche religioso. E tutto in nome di un anticomunismo e di un antifascismo che la storia ha da tempo reso inutili. Questa è la realtà. Dove sono i milioni di nuovi posti di lavoro e la riduzione delle imposte che aveva promesso Berlusconi fin dal 1994? Dove sono le riforme promesse da Prodi nel 1996 e nel 2006? Le privatizzazioni? Sì, la svendita delle imprese pubbliche è stata fatta. È stata privatizzata perfino l’acqua. Manca solo la privatizzazione dell’aria. E qual è il risultato? Sono diminuiti i prezzi dei beni e servizi pubblici? Anzi, ci sono i servizi pubblici? Quanto si paga il carburante? Chi guadagna? Il servizio sanitario funziona? La scuola funziona? C’è almeno la carta igienica? No, non c’è. E la polizia non ha la carta per raccogliere le denuncie, gli uffici giudiziari sono senza risorse. Che giustizia si può pretendere? Solo chi ha può difendersi. E la sicurezza? Chi, se è cosciente, ha il coraggio di perdere di vista i propri ragazzi, maschi e femmine con il rischio di non vederli più vivi? Ma dove siamo arrivati? Dove stiamo andando? Nessuno se lo chiede? O non si ha nemmeno il coraggio di rispondersi? Chi agisce, a parte le critiche e le proteste, spesso interessate? Abbiamo bisogno di un capo? Perché? Siamo diventati così irresponsabili ed istupiditi dalle televisioni da non riuscire a metterci d’accordo su poche cose che interessano quasi tutti? Ci vuole moderazione? Compromessi? Va bene se moderazione è il contrario di violenza e compromesso è il contrario di arroccamento. Ma qui noi stiamo diventando sempre più violenti – e non solo verbalmente – ed ogni giorno accettiamo i peggiori compromessi. Non per migliorarci tutti insieme ma per affermare noi stessi sugli altri. Diciamo la verità, questo è marciume. Un popolo che per duemila anni ha fatto la storia, ha inventato la forma di governo repubblicana, ha insegnato il diritto, l’arte, la poesia, la produzione sostenibile a più di mezzo mondo, ridotto a poltiglia per pochi speculatori e qualche demagogo. Dove sono, che cosa pensano, che cosa fanno i giovani palestrati, i vecchi combattenti, i figli e le figlie delle donne che hanno fatto le barricate? Dormono? Aspettano? Che cosa? Siamo ritornati al momento in cui D’Azeglio disse «Abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani»? Aspettano un impiego sicuro? Non lo avranno. Aspettano regali? Non li avranno. E quando le riserve famigliari saranno terminate, o ruberanno loro o ruberanno i loro genitori. Aspettano di farsi comprare? A qualcuno riesce ma a pochi. Gli altri sono condannati. Ed allora, muoversi, informarsi, cercare di capire, unirsi ed agire! Non dobbiamo inventare nulla perché è sufficiente fare solo una piccola parte di quello che hanno fatto i nostri padri. Essi avevano ben presente che la vita è una cosa seria. Se si vuole, basta poco. L’importante è capire che non può esistere pace senza verità e non può esistere libertà senza giustizia. Insieme si può.
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