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Se l'emergenza si chiama fame, Di cibo ce n'è in abbondanza. Ma con i prezzi che ha ormai raggiunto non è alla portata di tutti

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Nichol Le Bennerg
view post Posted on 10/6/2008, 08:21




Quale fenomeno globale si è presentato all'improvviso, ha danneggiato i consumatori, ha aggravato lo stato di indigenza dei poveri, ha attraversato il pianeta a velocità fulminea seguendo un itinerario singolare e destabilizzando il governo, l'economia e la politica dei Paesi coinvolti? 1. Le crisi finanziarie; 2. L'epidemia del virus Hiv-Aids; 3. L'aviaria; 4. L'aumento dei prezzi dei generi alimentari; 5. Tutti questi fattori.

La risposta giusta, naturalmente è l'ultima. Le crisi finanziarie in Russia, Asia o America latina negli anni '90 o, in tempi più recenti, negli Stati Uniti, hanno colto di sorpresa esperti e governi, incapaci di reagire allo scompiglio provocato dalle crisi. La stessa cosa era accaduta nelle prime fasi della pandemia di Aids: gli esperti e i governi in egual misura erano del tutto inconsapevoli dell'allora poco nota micidiale probabilità dell'Aids di provocare la morte di milioni di persone. Oppure, semplicemente, la negavano. Soltanto quando il virus ha iniziato a diffondersi e le sue conseguenze sono diventate impossibili da ignorare, i singoli governi e le istituzioni internazionali hanno cercato precipitosamente una soluzione. Oggi si sono fatti molti progressi, ma il problema sussiste e tuttora provoca milioni di vittime.

Alcuni anni fa Toronto, la metropoli canadese, ha subito un pesante shock economico e politico. Si sono accertati numerosi casi di febbre aviaria e il fatto di essere un hub per i passeggeri in transito dall'Asia ha indotto gli epidemiologi a concludere che la città correva il rischio di essere travolta da un'esplosione di aviaria, una rara malattia che, se non è diagnosticata tempestivamente e curata efficacemente, conduce a una rapida fine. L'economia di Toronto si è sempre basata molto sul flusso di turisti, viaggiatori e soprattutto partecipanti a convegni internazionali: così, dopo che si è diffusa la notizia, tutti i meeting e i congressi più importanti sono stati spostati in altre città e i viaggiatori in massa si sono tenuti lontani da Toronto.

Pertanto, un problema che sulle prime era connesso strettamente a questioni di salute pubblica e si era presentato in una remota provincia della Cina dove galline, anatre, oche e pollame in genere erano allevati in condizioni di assoluta assenza di norme igieniche, ha provocato un'emergenza economica di tutto rilievo in una città dell'emisfero opposto del pianeta, con la quale per altro intratteneva pochi rapporti. Alla fine, si è posto rimedio alla crisi e le sue uniche conseguenze sono state avvertite proprio a Toronto e in alcune città asiatiche dalle quali i turisti hanno preferito tenersi alla larga e gli investitori rimandare i loro affari.

Adesso siamo in presenza di una crisi alimentare per taluni aspetti molto simile alle crisi finanziarie ripetutesi negli anni '90. Anche questa si è presentata furtivamente, cogliendo tutti di sorpresa. Mentre fino a pochi mesi fa i prezzi delle merci e specialmente dei generi alimentari aumentavano gradualmente, di una crisi alimentare ancora non si era mai parlato. Al pari delle crisi finanziarie, quella alimentare colpisce di più i poveri: quelli che vivono al limite della sopravvivenza a Haiti, in Niger o in Bangladesh. A subirne i contraccolpi, però, sono anche le milioni di persone entrate di recente nelle fila della middle-class in Cina, India, Messico o Turchia. Ora che devono spendere la maggior parte dei loro introiti per sfamarsi, lo status da loro acquisito di recente è a rischio.

La crisi alimentare presenta anche alcune caratteristiche ancor più deleterie. Primo: è più globale di qualsiasi altra crisi globale presentatasi fino a questo momento. Tutti subiscono le conseguenze dell'aumento dei generi alimentari, dagli italiani ai nigeriani, dai cinesi agli americani. Se in passato altre crisi hanno attraversato il pianeta, esercitando un impatto su molti paesi o interi continenti, di fatto poche sono state veramente universali quanto l'attuale crisi alimentare. Secondo: nonostante ci siano alcune effettive sacche di massima emergenza, per risolvere le quali secondo il Programma alimentare delle Nazioni Unite è necessaria un'immediata iniezione di 750 milioni di dollari per garantire aiuti a chi altrimenti morirebbe di fame, gli aspetti legati agli aiuti umanitari di questa crisi non sono i più importanti.

Il problema non è solo evitare che alcune comunità africane muoiano di fame per la penuria di generi alimentari: molto più difficile e importante è comprendere che cosa è possibile fare per le famiglie degli slum alle periferie delle città di Mumbai, San Paolo o Lagos, i cui redditi non bastano più a sfamare tutti. Il cibo c'è e ce n'è in abbondanza, ma con i prezzi che ha ormai raggiunto non è alla portata di tutti.

Nessuna delle crisi internazionali vissute finora è altrettanto globale quanto l'attuale crisi alimentare, né maggiormente pericolosa.
 
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bobby151169
view post Posted on 2/1/2011, 19:42




«Sì, bisogna cambiare l’economia mondiale. Non è un fatto drammatico di per sé ma è piuttosto un fatto necessario. Drammatica è la situazione attuale. Drammatico sarebbe non cambiarla. Oggi e da almeno trent’anni, l’umanità è in grado di produrre beni e servizi per soddisfare tutti i bisogni essenziali di ogni essere umano e quindi di stabilire le condizioni materiali affinché ogni persona possa realizzare il massimo sviluppo e la piena scoperta di sé. Ed invece la maggior parte della popolazione vive male. In ogni paese. Sia in occidente sia in oriente. Sia a nord sia a sud. Miliardi di persone, almeno cinque miliardi su sette, vive male. In Europa, in America, in Asia, in Africa, in Australia. Europei e nordamericani hanno generalmente migliorato le loro condizioni a discapito dei popoli, dei lavoratori, degli altri continenti. Hanno sfruttato le loro risorse ed il loro lavoro. Ma non hanno conquistato la libertà. Perché, come non può essere libero un popolo che opprime un altro popolo, così non può essere libera una persona che ne opprime altre. Questo vale sia all’intermo di ogni paese sia a livello mondiale. Paradossalmente, lo sviluppo economico di paesi rimasti arretrati provoca la povertà dei paesi che si erano più sviluppati. Nonostante il loro processo di sviluppo, in Brasile, Russia, Cina ed India, centinaia di persone stanno male. Questo accade perché il modello di sviluppo e la struttura economica non sono cambiati: pochi si appropriano della maggior parte della ricchezza e tutti gli altri ne sono privi. Quindi, bisogna ridistribuire equamente lai ricchezza e per farlo bisogna adottare una moneta del lavoro da assegnare in parti uguali. Poi, bisogna restituire valore al lavoro organizzando la produzione in funzione della soddisfazione dei bisogni e non del profitto. Infine, bisogna che ogni persona si assuma le proprie responsabilità, senza leader e senza miti, accettando i rischi e partecipando ai risultati delle proprie attività. Solo così si salva il mondo ed inizia la storia della società umana.»
 
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bigman73
view post Posted on 3/2/2011, 12:00




Tra assoluzioni e bocciature degli Organismi geneticamente modificati (Ogm) che hanno spaccato, ancora un volta, la comunità scientifica e’ emersa, al think tank promosso da ‘Barilla Center for food and nutrition’ in una due giorni di confronto internazionale a Milano, una terza via: l’opzione della selezione assistita dei marcatori genetici. A proporla con forte convinzione e’ stato Jeremy Rifkin, l’esperto Usa di energie rinnovabili e presidente di Foundation on Economic trends.

Rifkin ha sostenuto che ‘’non abbiamo bisogno di Ogm che introducendo specie esotiche hanno innestato una guerra ecologica; la soluzione ‘hard’ ha dimostrato di non funzionare. Dobbiamo smettere di vedere la natura come un nemico, ma abbracciarla’’. Tuttavia dal guru Usa dell’ambientalismo non e’ arrivato un no assoluto alla ricerca scientifica, anzi. ‘’Sono a favore della selezione assistita con marcatori. Nella natura possiamo attraversare qualche frontiera geneticamente, come e’ avvenuto per il mulo in zootecnia, ma senza violare le regole dell’allevamento’’. Anche perche’, ha osservato, gli Ogm ‘’sono prodotti vivi, che con l’impollinazione possono migrare e, combinandosi con altre specie vegetali, diventare elementi nocivi, se non addirittura virus’’.

A parlare di ‘’fallimento’’ degli Ogm nella lotta alla fame del mondo e’ stato invece il genetista dell’Universita’ di Firenze, Marcello Buiatti. ‘’Non funzionano’’, ha tagliato corto. Un giudizio supportato dal fatto che ‘’dopo tanti anni ci sono soltanto quattro tipi di Ogm: mais, soia, colza, e cotone. Nessuno mangia il cotone e soltanto il mais ha dimostrato capacita’ di adattamento in diverse realta’ rurali. Occorre piuttosto utilizzare nuove tecnologie che si basano sulla variabilita’ genetica. Sono tecniche gia’ esistenti, alla portata di tutti, che permetteranno di migliorare l’emergenza fame nel mondo’’.

Alle posizioni di Rifkin e Buiatti si accoda Mario Capanna della Fondazione dei diritti genetici: ‘’E’ ora di cambiare strada – ha detto – l’alternativa oggi esiste e si chiama Mas, selezione assistita da marcatori, una biotecnologia sostenibile e amica dell’ambiente che offre i vantaggi dell’innovazione senza le controindicazione degli Ogm’’. Il tema della sicurezza degli alimenti geneticamente modificati si e’ rivelato ‘’quello sul quale si e’ registrato al Forum Barilla un maggior grado di allineamento tra le diverse posizioni in campo’’, recita il documento del Bcfn sugli Ogm.

Il sistema di autorizzazione europeo per la messa in commercio di ingredienti geneticamente modificati ‘’appare essere ‘il piu’ restrittivo’ tra quelli adottati dai vari paesi’’, anche se ‘’alcuni aspetti di valutazione del rischio devono essere ulteriormente migliorati, ad esempio, con l’introduzione nella valutazione di test effettuati da enti indipendenti’’. Una assoluzione prudente, perche’, nell’Anno internazionale della Biodiversita’, e’ proprio la minaccia al patrimonio agronomico a preoccupare il mondo scientifico, che ha chiesto ‘’prudenza’’.

Preoccupano in particolare i rischi di perdita di biodiversita’, di contaminazione, di incremento nell’uso di pesticidi/erbicidi, di aumento del fenomeno di resistenza agli erbicidi, nonche’ i danni all’habitat naturale per la fauna selvatica. ‘’Gli Ogm oggi in commercio sono a prevalente destinazione zootecnica, energetica o tessile, e quindi il consumo umano diretto e’ molto limitato – prosegue il documento -. E sono caratterizzati da un numero contenuto di varianti di specie vegetali, limitate prevalentemente a soli due tratti di interesse (Ht-herbicide tollerance e Bt-bacillus thuringiensis)’’.
 
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Marina Luisi Bilancia
view post Posted on 6/2/2011, 19:50




A mio parere gli OGM sono gli unici da poter coltivare in ambienti estremi dove c'è siccità, mancanza di risorse nel terreno e attacchi pesanti di insetti. Sento il bisogno di dire che la fame nel mondo è un problema che si potrebbe risolvere solo con la preventiva distribuzione di beni alimentari e di benessere. L'OGM potrebbe essere una rampa di lancio per l'avvento di un'agricoltura redditizia che invierebbe il paese in difficoltà verso una situazione economica migliore. Il mercato privato si può non tanto contrastare e combattere, ma arrivare con esso in execuo solo finanziando debitamente il mercato pubblico. Se ci pensiamo anche la nostra mania verso i prodotti tipici è un ostacolo per la distribuzione dei beni alimentari nel mondo poiché il "tipico" è sinonimo di "locale"e quindi coltivato secondo tecniche, date tramandate dal luogo, adattate a climi e tempi particolari per la lavorazione. Un'agricoltura di questo tipo non può essere portata nella povertà, l'OGM si.
 
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Dan Comma
view post Posted on 9/2/2011, 15:20




CITAZIONE (Marina Luisi Bilancia @ 6/2/2011, 19:50) 
...............Un'agricoltura di questo tipo non può essere portata nella povertà, l'OGM si.

Vero, ma io credo nella tua onestà non in quella di altri che userebbero i prodotti OGM anche in altri paesi.
 
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Lord Maximiliam
view post Posted on 9/2/2011, 20:15




Personalmente sono a favore dell'uso degli OGM nei paesi poveri del mondo ma non nei paesi sviluppati che possono usufruire di condizioni di produzione generali maggiormente favorevoli. Come tutte le tecniche, si deve fare attenzione all'uso che ne fa l'uomo a fini egoistico-speculativi.
 
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renata.faria
view post Posted on 11/3/2011, 08:54




La produzione alimentare potrebbe perfino raddoppiare nel giro di una decina d'anni, se il mondo investisse in agricoltura su piccola scala e adottasse i criteri della agroecologia. Questo lo sostiene un rapporto presentato alle NU. L'autore dello studio è Olivier de Schutter. Per sfamare tutti i 7 miliardi di abitanti del pianeta, che saranno diventati 9 miliardi nel 2050, dice De Schutter <<bisogna con urgenza adottare le tecniche agricole più efficienti disponibili>> e <<tutti i dati scientifici dimostrano che i metodi agroecologici sono più efficaci dell'uso dei fertilizzanti chimici nell'aumentare la produzione alimentare là dove vivono coloro che hanno fame, specialmente negli ambienti sfavorevoli>>.
L'affermazione è meno romantica di quel che sembra. Lo studio presentato alla commisisone delle NU per i diritti umani guarda la questione dal punto di vista del fondamentale diritto al cibo. Per garantire questo diritto bisogna aumentare la produzione agricola, certo. Serve cibo a sufficienza per tutti e il mondo dovrà aumentare la produzione alimentare del 70% entro il 2050. Ma bisognerà anche rafforzare i piccoli agricoltori e le economie locali, perchè <<la fame oggi non è da attribuire alla penuria di stock alimentari, non è è un fatto di produzione globale che non soddisfa la domanda, bensì un problema di povertà>>, leggiamo:<<solo sostenendo i piccoli produttori possiamo rompere il circolo vizioso che porta dalla povertà rurale agli slum urbani, povertà che genera povertà>>. Infine, per realizzare il diritto al cibo bisogna che <<l'agricoltura non comprometta la sua capacità di soddisfare i bisogni futuri>>: quindi salvaguardare la biodiversità, usare in modo sostenibile terra e acqua. Il cambiamento del clima, con sempre più frequenti siccità, alluvioni, piogge imprevedibili, <<sta già avendo un grand eimpatto sulla capacità di certe regioni di nutrirsi. E sta destabilizzando i mercati>>. L'agricoltura convenzionale <<non è più la scelta migliore>>, perchè dipende da input costosi (fertilizzanti chimici, pesticidi), alimenta il cambiamento del clima ed è meno resistente agli shock climatici. L'agroecologia invece è una risposta, insiste De Schutter. Le esperienze fatte <<mostrano un aumento medio delle rese dell'80% in 57 paesi in via di sviluppo, con un aumento medio del 116% in tutti i progetti realizzati in Africa>>, dice.
Per agroecologia si intende una scienza ed un insieme di pratiche. Si tratta di applicare la scienza ecologica all'agricoltura in modo da sviluppare sistemi sostenibili, cercando modi per mimare i processi naturali, riciclare i nutrienti organici e l'energia più che introdurre input esterni, integrare le colture e l'allevamento, diversificare le specie e le risorse energetiche. E' un metodo <<a grand eintensità di conoscenza>>, spiega, usa <<tecniche sviluppate sulla base dei saperi e della sperimentazione degli agricoltori>>. Cita "le scuole dei campi" dei coltivatori di riso in Indonesia, Vietnam e Bangladesh, dove l'uso di insetticidi è calato tra il 35 edì il 92%. O l'uso di piante che respingono gli insetti, la concimazione naturale, metodi di raccolta acqua, la ricerca di varietà ibride attabili alle mutate condizioni climatiche. Finora però è mancato il sostegno delle politiche pubbliche: e devono essere gli stati ad investire, perchè <<le aziende private non metteranno soldi e tempo in pratiche che non fruttano brevetti e che non aprono mercati a prodotti chimici e sementi migliorate>>.
 
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Marina Luisi Bilancia
view post Posted on 7/4/2011, 09:58




Il terremoto e lo tzunami in Giappone dell'11 marzo 2011 hanno purtroppo provocato circa 30 mila vittime. Senza contare gli effetti di incidenti nucleari. Ma, anche in questo momento, bisognerebbe ricordare che nel mondo muore di fame, sete o malattie curabili 1 bambino sotto i 5 anni ogni 3 secondi, 20 al minuto, 1.200 all’ora, 28.800 al giorno, 201.600 alla settimana, 10.512.000 all’anno. Se ad essi ogni giorno fosse dedicato il 5% dell’informazione dedicata in questi giorni al Giappone, forse questo non accadrebbe più.
 
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7 replies since 10/6/2008, 08:21   84 views
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