Riporto per intero il post lasciato sul forum del micronazionalismoNessuno ha mai ragione del tutto e tutti hanno sempre le loro ragioni. Ma ritengo, riferendomi alle realtà micronazionali italofane, che sono stati fatti diversi errori, da parte di tutti, nessuno escluso. Per affrontare i vari problemi non si devono piegare le questioni concrete all’ideologia, semmai è preferibile l’inverso. L’elevato costo per far funzionare una realtà micronazionale (in termini di tempo ed energie impiegate), lo scoraggiamento che accompagna la progettazione del “nuovo”, il sentirsi parte di un sistema percepito come estraneo non sono temi di destra o di sinistra, di quella o di quell’altra micronazione: occorre un approccio pragmatico, al massimo un sano pragmatismo ideologico.
La mancanza di cultura condivisa sui temi generali micronazionali ha creato contrapposizioni che a ben vedere, hanno determinato circoli viziosi. Uno fra tutti: chi partecipa a qualunque realtà o progetto micronazionale senza essere valorizzato, alla fine si adegua in una nicchia individualistica svuotato di qualsiasi entusiasmo. Difficilmente pensa all’aumento di benessere in termini meritocratici – sebbene ciò dovrebbe costituire la spinta all’azione – e nella migliore delle ipotesi, ipotizza eventuali benefici non tanto in relazione all’efficienza dell’Ufficio/Ministero/Struttura micronazionale. Il contesto partecipativo-lavorativo è diventato privo di interrelazioni di valore, quindi alienante. Mentre ognuno di noi cerca il proprio bilanciamento personal e facciamo parte di assetti individuali e sociali subendone le spinte e contribuendo, al contempo, a determinarle. La perdita di coesione dei rapporti sociali ha spostato in tal modo, l’individuo sul versante privato, in una dimensione in cui la propria affermazione non prevede il sostegno da parte del gruppo. Il rapporto individuo-gruppo (micronazionale o non) non è accessorio ma è costituente l’essenza stessa dell’esser umano in primis e dell’essere micro nazionalista subito dopo: svilirne un aspetto è svilirne tutto l’insieme. Sostengo, invece, che dovrebbe esserci una continua interazione tra contesto intermicronazionale e sfera individuale. Eppure, quasi sempre si avverte che, la complessità dell’interazione del mondo micronazionale è in balia dell’ideologia, spesso fuorviante ed improduttiva, di quella o di quell’altra micronazione. Non voglio, tuttavia, terminare con una contrapposizione tra dimensione individuale e dimensione sociale, trovo che sia necessario prescindere da affermazioni statiche e da sterili contrapposizioni, ricorrendo alla costruzione di accordi mutuati attraverso il consenso e la negoziazione, in un diritto che dovrebbe “legittimare la pluralità delle interpretazioni e il rispetto della libertà dell’individuo. Una cultura intermicronazionale democratica fondata non su verità trascendentali ma su un modello di pensiero democratico scaturente dal confronto e dal dialogo tra le parti in un dibattito aperto, consapevole della complessità e dell’insaturo”. Il difficile percorso che ci spinge all’individualizzazione ha in sé la promessa di nuovi e più maturi incontri se avvenisse in un contesto sociale intermicronazionale, difeso nei suoi valori di sviluppo, di condivisione sia dell’unicità e sia dell’universalità della persona.
Quindi, pensiamo che ce la possiamo fare rialzandoci come semplici micro nazionalisti oppure rialziamoci perché ce la possiamo fare.
