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Micronazionalismo, il capitale sociale e la via per lo sviluppo

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view post Posted on 23/1/2010, 10:08
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Il fenomeno del micronazionalismo o meglio, potremo dire, l'intero mondo micronazionalista possiede una ricchezza inestimabile, ma difficilmente misurabile con i tradizionali indicatori economici, che rappresenta il bene intangibile più importante da cui partire per affrontare le sfide future. Il suo capitale sociale. Ma cos'è e come si potrebbe definire questa forma di capitale? Alcuni noti scienziati sociali, che potremo definire (anche se, a loro insaputa) micro-politologi e micro-sociologi, hanno affrontato lo studio di questo concetto complesso e ne hanno dato definizioni non sempre univoche e condivise. Anche se personalmente preferisco la definizione proposta dal sociologo americano James Coleman (1990) che risulta meno rigida e prescrittiva a livello interpretativo e più aperta a possibile conseguenze sul piano economico: "Il capitale sociale si può considerare come l'insieme di relazioni sociale di cui un soggetto individuale (per es. un imprenditore o un lavoratore) o un soggetto collettivo (privato e pubblico) disponde in un determinato momento".
Attraverso questo stock di risorse sociali è possibile alimentare e creare risorse cognitive come le informazioni e la conoscenza, e risorse normative come la fiducia e la reciprocità che permettono di realizzare obiettivi che altrimenti non sarebbero raggiungibili.
L'approccio di Coleman si colloca a cavallo tra una concezione micro-atomista rappresentata in particolare da Pierre Bourdieu (l'autore sottolinea come le reti sociali permettano al singolo di utilizzare meglio le altre forme di capitale, quali quello economico e culturale) e Mark Granovetter (l'autore opera una distinzione tra legami forti e legami deboli per la realizzazione lavorativa) e la concezione macro-olista riconducibile a Robert D. Putnam (l'autore propone il concetto di senso civico e cooperazione com eleva per lo sviluppo come illustrato nella sua ventennale ricerca sulle tradizioni civiche delle regioni italiane) e Francis Fukuyama (l'etica comunitaria come base per il successo economico dei territori).
Anche se personalmente ritengo Coleman che propenda più verso una concezione di tipo micro-atomista, lo stesso Coleman partendo dalla considerazione che è sempre il singolo individuo a mettere in atto delle azioni intenzionali e strategiche per produrre il capitale sociale di cui si avvantaggierà, riconosce che è un bene collettivo che appartiene all'insieme dei soggetti coinvolti nella rete di relazioni e che non è appropriabile individualmente. Quindi, spostandosi da un livello individuale ad un livello aggregato, si può affermare che un "determinato contesto" risulta più o meno ricco di capitale sociale a seconda che i soggetti (individuali e collettivi) siano coinvolti sulla base di fiducia, norme e reciprocità. Questo è il caso del fenomeno del micronazionalismo che, si voglia o no, è un grande produttore di relazioni sociali (ahimé malamente utilizzate).
Personalmente ritengo che qualsiasi politica di sviluppo per il prossimo futuro dovrà ripartire proprio da qui. Da una rinnovata e sentita fiducia e cooperazione sociale, all'insegna della solidarietà e dell'inclusività.
Un mix calibrato di legami deboli e legami forti in cui al ruolo fondamentale della famiglia e della cerchia di stretta di amici dovrà accompagnarsi l'apertura alle diversità e la costruzione di ponti con realtà trasversali. Tendo sempre a mente che la nostra mission ideale come comunità è salvaguardare il bene comune micronazionalista nel rispetto delle singole specificità.

Edited by Angell Cherubini - 25/1/2010, 07:05
 
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